Direzione generale degli affari dei culti (Repubblica italiana, 1946-)

date di esistenza 1 ottobre 1977 - 20 novembre 2001
altra/e denominazione/i Direzione generale degli affari dei culti (Repubblica italiana, 1946-). 1977-2001
sede Roma
storia

Nell'ambito della soppressione di uffici centrali e periferici delle amministrazioni statali, disposta dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 617, le Direzioni generali degli affari di culto e del Fondo per il culto del Ministero dell'interno furono fuse, a decorrere dal 1° ottobre 1977, in un'unica direzione generale che assunse la denominazione di «Direzione degli affari dei culti». La norma (art. 2) prevedeva peraltro che il Ministro per l'interno, di concerto con quello per il tesoro, avrebbe provveduto mediante proprio decreto al riordinamento dei servizi della nuova Direzione generale.

In attesa che questa previsione fosse realizzata si operò di fatto l'accorpamento delle due divisioni affari generali e coordinamento, provenienti ciascuna dalle Direzioni soppresse. Già appartenute alla vecchia Direzione degli affari di culto erano le tre divisioni competenti per i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose (riconoscimenti giuridici e vigilanza, affari patrimoniali enti ecclesiastici, culti acattolici). Accanto ad esse continuavano a funzionare le quattro divisioni provenienti dalla ex Direzione generale del Fondo per il culto, competenti dunque per la gestione del Fondo medesimo e delle altre Aziende di culto (affari patrimoniali, congrue, interventi per costruzione e restauro edifici di culto, sovvenzioni a favore del clero bisognoso e per ufficiatura chiese, gestioni contabili).

Tale situazione fu recepita dal decreto interministeriale 16 febbraio 1981 (emanato sulla scorta del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 617), con le seguenti variazioni. La divisione affari generali e coordinamento prese la denominazione di affari speciali, segreteria e coordinamento, con una modulazione delle funzioni in parte diversa da quella precedente. Fu istituito un ufficio studi, legislazione e contenzioso, al quale fu assegnato anche il compito di preparare elementi di risposta alle interrogazioni e interpellanze parlamentari e intrattenere rapporti con l'ufficio centrale per gli affari legislativi e le relazioni internazionali del Ministero. Venivano assegnati a tale ufficio un dirigente superiore (viceprefetto) e un primo dirigente (viceprefetto ispettore) con compiti rispettivamente di consigliere ministeriale aggiunto e vice consigliere ministeriale. Inoltre, erano assegnati alla Direzione generale tre dirigenti superiori (viceprefetti), che, alle dirette dipendenze del direttore, avrebbero dovuto accertare in via continuativa la regolarità amministrativa e contabile e il corretto svolgimento dell'azione amministrativa, coordinando l'attività delle divisioni, secondo la previsione del precedente d.m. 2 agosto 1973, art. 9. Infine, un dirigente generale (prefetto) avrebbe potuto essere incaricato di «coadiuvare la Direzione generale "a latere" della stessa, per fronteggiare le esigenze dell'attività di studio e di ricerca». La materia relativa agli affari ecclesiastici era infatti in quel momento sottoposta ad ampia revisione, in quanto la trattativa fra lo Stato italiano e la Santa Sede per la revisione del Concordato del 1929 si trovava in fase molto avanzata.

Finalmente, il 18 febbraio 1984 fu firmato l'Accordo fra la Repubblica italiana e la Santa Sede, che ha modificato il Concordato, introducendo nuovi principi in linea con la recente evoluzione storica e sociale dell'Italia e le novità introdotte dal Concilio Vaticano II, e rigettando il principio del confessionalismo dello Stato italiano che era stato riaffermato nella pattuizione lateranense. Il nuovo Accordo, ratificato con la legge 25 marzo 1985, n. 121, riformulava i temi della libertà religiosa, e dunque, tra l'altro, della nomina dei titolari degli uffici ecclesiastici; del servizio militale dei sacerdoti, diaconi e religiosi; del segreto ministeriale; del regime degli edifici aperti al culto; della domenica e delle altre festività religiose; del matrimonio contratto secondo le norme del diritto canonico; della scuola e dell'insegnamento; della tutela del patrimonio storico e artistico.

L'Accordo prevedeva, fra l'altro (art. 7), l'istituzione di una Commissione paritetica composta dai rappresentanti delle due parti per definire la disciplina in materia di enti e beni ecclesiastici, nonché gli impegni finanziari dello Stato nei confronti del clero cattolico. Il testo normativo elaborato da tale Commissione fu integralmente assunto dalla l. 20 maggio 1985, n. 222, che, oltre a rinnovare la disciplina del riconoscimento degli enti ecclesiastici come persone giuridiche civili, ha attribuito il sostentamento del clero cattolico ad appositi Istituti diocesani e a un Istituto centrale eretto dalla Conferenza episcopale italiana, anch'essi enti dell'organizzazione ecclesiastica, con personalità giuridica civile. Finiva in tal modo il sistema delle congrue finanziate direttamente dallo Stato, sostituito dal regime attualmente in vigore. La retribuzione di parroci e vescovi è infatti ora assicurata dai menzionati Istituti con risorse costituite da contributi della Conferenza episcopale italiana e da erogazioni liberali provenienti dai cittadini italiani e deducibili dalle imposte. La Chiesa cattolica è peraltro destinataria della quota dell'otto per mille dell'imposta del reddito delle persone fisiche che i contribuenti decidono di devolverle e che essa può impiegare anche per il sostentamento del clero.

Cessata dunque la finalità principale per cui erano nati (ossia l'integrazione delle risorse economiche del clero cattolico che ne avesse avuto diritto), il Fondo per il culto, il Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e le altre Aziende di culto venivano soppressi ed i loro patrimoni erano riuniti, a decorrere dal 1° gennaio 1987, in un ente di nuova istituzione, il Fondo edifici di culto, la cui denominazione rende manifesta la sua precipua missione istituzionale. La norma del 1985 prescriveva, infatti, in via principale, che «i proventi del patrimonio del Fondo edifici di culto [...] sono utilizzati per la conservazione, il restauro, la tutela e la valorizzazione degli edifici di culto appartenenti al Fondo [...]». Gli edifici di culto in parola sono in larghissima parte costituiti da chiese ex monastiche o ex conventuali, annesse cioè ai monasteri e ai conventi soppressi dal 1855 al 1873, che le diverse norme assegnarono in proprietà alla Cassa ecclesiastica e poi al Fondo per il culto e al Fondo speciale per Roma. Veniva inoltre prescritto che il Fondo edifici di culto dovesse affidarsi al Ministero dei beni culturali e ambientali e al Ministero dei lavori pubblici per l'esecuzione delle opere relative alla conservazione e restauro di questo patrimonio, nel quale moltissime sono le testimonianze di altissimo valore storico ed artistico. L'amministrazione del Fondo veniva assegnata al Ministero dell'interno, che l'avrebbe esercitata per mezzo della Direzione generale degli affari dei culti e, nelle province, per mezzo dei Prefetti. Al Ministro dell'interno, coadiuvato da un Consiglio di amministrazione, era attribuita la rappresentanza giuridica del nuovo ente patrimoniale.

In attesa che quest'ultimo iniziasse a funzionare, la Direzione generale degli affari dei culti vide nel frattempo un nuovo assetto della sua organizzazione. Sulla scorta dell'art. 3 del d.p.r 24 aprile 1982, n. 340, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 settembre 1985 (modificato poi dal d.p.c.m. 25 gennaio 1991) fu infatti introdotto un livello dirigenziale intermedio e dunque si ebbero un Servizio affari dei culti (con le due divisioni affari del culto cattolico e affari dei culti diversi da quello cattolico), un Servizio affari patrimoniali (con le due divisioni amministrazione del patrimonio, e conservazione e restauro edifici di culto) e un Servizio gestioni finanziarie e contabili (con le due divisioni bilanci, cassa ed economato, e gestioni contabili), mentre erano poste alle dirette dipendenze del direttore generale un ufficio coordinamento e affari generali e un ufficio studi e affari legislativi. Il Servizio affari patrimoniali e quello contabile continuarono a gestire le Aziende di culto fino alla loro soppressione e poi, dal 1° gennaio 1987, furono addetti all'amministrazione del Fondo edifici di culto cui erano stati assegnati i patrimoni delle Aziende soppresse.

Con d.p.r. 13 febbraio 1987, n. 33 fu approvato il regolamento di esecuzione della l. 222/1985.

Alla dettagliata articolazione delle divisioni in sezioni, con indicazione delle rispettive competenze, fu provveduto con decreto del direttore generale del 21 luglio 1987.

Arriviamo infine alla soppressione della Direzione generale degli gli affari dei culti, nell'ambito della riorganizzazione del Ministero dell'interno introdotta dal d.p.r. 7 settembre 2001, n. 398, per il quale le Direzioni generali sono state sostituite da più ampi Dipartimenti che ne hanno riunito i servizi. Nel nostro caso, il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione è stato chiamato a «svolge[re] funzioni e compiti spettanti al Ministero nella tutela dei diritti civili», compresi, fra l'altro, quelli inerenti alle confessioni religiose. Pertanto, in tale Dipartimento hanno trovato posto, fra le altre, anche le due distinte Direzioni centrali, quella degli affari dei culti e quella per l'amministrazione del Fondo edifici di culto.

Informazioni redazionaliAutore: Carmine Iuozzo (aprile-maggio 2020)

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